Ecco il punto esatto dove il sogno incontra la realtà, dove la bellezza non è un semplice punto d’approdo chimerico. Siamo a Orvinio, in un angolo remoto del Lazio. A meno di trenta chilometri da Rieti, Orvinio si aggrappa a 840 metri sul livello del mare, baciato dal vento e dalle stelle, immerso tra le verdeggianti colline dei Monti Lucretili. Con i suoi 394 abitanti, Orvinio si presenta come una piccola gemma incastonata in uno scenario montano che affascina chiunque si avventuri tra le sue strade. Il borgo, che per secoli ha custodito una storia ricca e complessa, non è solo un luogo di bellezza naturale, ma anche di leggende e tradizioni che risalgono all’epoca antica. Fino al secolo scorso, Orvinio era conosciuto con il curioso nome di “Canemorto”, che sembra derivare da una battaglia storica, quella tra i Saraceni e l’esercito di Carlo Magno, in cui la morte del comandante Khan suscitò un’esclamazione popolare: “Can è morto”. Le origini di Orvinio sono avvolte nel mistero. Il borgo fu, nel corso dei secoli, il fulcro della vita e della cultura per la popolazione sabina, dalla sua fondazione da parte degli Aborigeni, ai secoli di dominio dei monaci benedettini di Santa Maria del Piano, all’ingresso nelle mire di potenti famiglie come gli Orsini e i Borghese. Fu proprio sotto il controllo degli Orsini che Orvinio iniziò a prendere la sua forma attuale, con il Castello Malvezzi-Campeggi che si ergeva a presidio del paese. L’edificio, oggi ristrutturato, conserva ancora le tracce di quella maestosità medievale che tanto affascina i visitatori. Nel XVII secolo, il borgo passò sotto il dominio dei Borghese, duchi di Orvinio, e successivamente nel 1876 ha visto nascere il noto scrittore Virgilio Brocchi. Queste strade custodiscono una ricchezza che va oltre i numeri: architetture medievali che si ergono con la dignità di chi ha visto secoli di cambiamenti senza mai cedere. Il Santuario di Vallebona, eretto dalla fede popolare, conserva l’affresco della Vergine che porge il latte al Bambino, un simbolo che ancora oggi accompagna i fedeli in preghiera. Ogni angolo di Orvinio racconta una storia. La chiesa di San Giacomo, la chiesa di Santa Maria dei Raccomandati. Il Castello Malvezzi, tra le sue torri merlate e le mura ciclopiche, si fa naturale protettore del passato medievale del paese, mentre il Santuario di Vallebona, risalente al XIII secolo, offre un angolo di pace e spiritualità, con il suo altare che ospita un antico affresco della Vergine.
Inoltre, il Parco Naturale dei Monti Lucretili offre un’immersione totale nella natura incontaminata, con sentieri che si snodano tra boschi secolari, permettendo escursioni e trekking. I visitatori più fortunati possono avvistare aquile e poiane sorvolare il cielo azzurro, mentre i lupi, nelle fredde notti invernali, ululano in lontananza. Se vi trovate qui, non mancate di gustare il Polentone, un piatto che racchiude la forza della terra, con sugo bianco di carne e verdure di campo, o il Pizzillu, una frittella che sa di semplicità e storia. E poi c’è il farro, il miele, i funghi porcini che la terra di Orvinio offre generosamente, condito con l’Aglione, il sugo che parla di tradizioni contadine. Il cammino attraverso il borgo è come un ritorno al passato, tra le chiese affrescate, i sentieri di montagna e il silenzio che regna tra i vicoli. Un silenzio che non è vuoto, ma pieno di storie: quelle degli Aborigeni che un tempo abitavano queste terre, quelle dei monaci benedettini e dei nobili Orsini che si succedettero nei secoli. A Orvinio, la storia non è mai lontana, è nell’aria che respiri, nel sussurro degli alberi secolari e nei sogni di chi ci è nato e ha sempre amato questa terra. Arrivarci è semplice, quasi un rito: dall’autostrada A1, uscita Fiano Romano, proseguendo sulla Salaria fino a Orvinio, dove il paesaggio cambia e il tempo sembra rallentare. E se lo scegliete, il momento migliore per visitarlo è nei mesi di maggio e giugno, quando le orchidee selvatiche colorano il parco, e l’aria è frizzante, piena di promesse di libertà e scoperte.