Navelli, sospeso tra le pieghe del Gran Sasso e l’abbraccio muto della Valle del Tirino, è un borgo che sembra guardare il mondo con occhi lontani, scrutando il passato mentre si fa scudo al presente. A 760 metri sul livello del mare, questo piccolo angolo dell’Abruzzo, con meno di cinquecento anime, è un monumento di pietra che resiste al tempo, eppure conserva nel silenzio delle sue strade la memoria di secoli di storia.L’origine del nome Navelli è legata a diverse teorie, ma quella più accreditata fa riferimento all’antico termine latino “nava” o “navis”, che significa “barca” o “imbarcazione”. Questa etimologia suggerisce che il nome di Navelli possa derivare da una connessione con l’acqua, forse con i corsi d’acqua o i canali che un tempo attraversavano la zona. Tale ipotesi potrebbe essere confermata dal fatto che la valle in cui si trova il borgo, la Valle del Tirino, era un territorio ricco di fiumi e corsi d’acqua che venivano utilizzati per scopi agricoli e di trasporto. Un’altra possibile origine è quella legata al termine “navus” che in latino indicava un “luogo ampio” o “pianura”, riferendosi alla morfologia della zona, che è caratterizzata da ampie pianure verdi, incastonate tra le montagne. Un filo invisibile lega la sua esistenza all’antica popolazione dei Vestini, che, nei secoli che precedettero Roma, calcarono queste terre. Nonostante la storia antica del territorio, Navelli si sviluppò come borgo medievale, un rifugio montano che prese forma nei secoli bui dell’Alto Medioevo, quando il bisogno di protezione dall’incertezza dei tempi modellò la sua geografia. In questo luogo, dove il respiro della montagna è profondo e lento, la memoria dell’uomo e della terra si intreccia nei secoli. La sua posizione strategica, sulle pendici che dominano la Valle del Tirino, fece di Navelli un crocevia di scambi e transumanza. I pastori che percorrevano i tratturi della transumanza, che solcavano queste terre per secoli, sono testimoni di una storia che si fonde con quella delle greggi, con il lento cammino delle pecore che fanno da ponte tra i mondi. La sua forma, che sembra stretta tra le rocce e i sentieri, nasconde storie di vita vissuta che si rivelano solo a chi ha la pazienza di cercarle nelle pieghe delle sue mura antiche. Nel cuore del borgo, lo sguardo si posa su Palazzo Santucci, un edificio che custodisce nel suo sussurro le storie di nobiltà rinascimentale e di potere locale. Con le sue linee di pietra, che sembrano scivolare in un silenzio atemporale, il palazzo è il custode della memoria di un’epoca che, pur lontana, continua a sussurrare attraverso le finestre chiuse e i cortili tranquilli. Ma non è solo l’architettura a raccontare, c’è anche la Chiesa di San Sebastiano, il suo campanile che si eleva, come a sfidare l’orizzonte, e l’interno che sa di fede semplice e profonda, di un’antica spiritualità che ha impregnato ogni angolo del borgo. Ma ciò che più definisce Navelli, come un marchio indelebile nel cuore di chi lo visita, è lo zafferano dell’Aquila DOP. La terra di Navelli, quella che sembra sussurrare sotto il tocco leggero delle mani di chi la lavora, è la culla di un “oro rosso” che ha viaggiato nel tempo. Arrivato in queste terre con le incursioni arabe nel XIII secolo, lo zafferano si è trasformato nel cuore pulsante dell’economia locale, ma anche nell’anima di un borgo che conserva la sua autenticità come una perla rara. Con il suo profumo che avvolge l’aria e il colore che tinge ogni piatto, lo zafferano di Navelli è più di una spezia: è simbolo di una tradizione che resiste, che sa di pazienza e di fatica, di un lavoro che continua ad affondare le radici nelle stesse mani che, giorno dopo giorno, curano i campi.
Ad ottobre, Navelli omaggia la sua nobile spezia con una sagra molto partecipata.. È un momento di festa e di memoria, quando il villaggio si anima di colori, di suoni e di sapori. Ogni piatto che porta con sé lo zafferano è come un frammento di storia, ogni morso un ritorno alle origini, un’ode a una terra che non ha mai smesso di raccontare la sua bellezza. Eppure, Navelli è anche il custode di paesaggi che vanno oltre la bellezza terrena. La Piana di Navelli, con i suoi campi di grano che ondeggiano sotto il vento e i filari di ulivi secolari che segnano l’orizzonte, è un dipinto vivente che cambia volto con le stagioni. L’aria che sale dai suoi campi, il profumo che porta con sé il respiro della montagna e della terra, è una promessa di eterna armonia, un canto silenzioso che sa di pace. Raggiungere Navelli non è solo un percorso fisico, ma un viaggio nell’intimità della montagna e della storia. A soli 30 km dall’Aquila, il borgo è facilmente raggiungibile eppure ogni passo verso di esso è un invito a scoprire un angolo di Abruzzo che vive al ritmo lento della natura. Il paesaggio che precede l’arrivo al borgo si distende con una dolcezza che sembra voler preparare l’animo del viandante ad accogliere la serenità di un luogo che ha saputo fermare il tempo.