Siamo a San Leo, distante una trentina di chilometri da Rimini. Altezza 589 metri sul livello del mare, 2720 abitanti, solo 250 nel borgo. L’origine del nome deriva da San Leone, che, giunto insieme a San Marino dalle coste della Dalmazia, avrebbe evangelizzato la zona, diventandone il primo vescovo. Per raggiungere San Leo, prendete l’autostrada A14, secondo la provenienza in direzione di Ancona o di Napoli e poi di Pescara. Qualche ricordo di storia: San Leo diventa di proprietà dei signori Montefeltro, che si sono stabiliti qui a metà del secolo dodicesimo. Nel 1508, con l’estinzione della dinastia dei Montefeltro, il ducato di Urbino, e con esso la contea di San Leo, passa a Francesco Maria I della Rovere e, nel 1516, a Lorenzo de’ Medici, quindi, per concessione del Papa, alla Repubblica fiorentina, per tornare infine in eredità ai Della Rovere. Nel 1631, riprende il dominio diretto dello Stato Pontificio, che utilizza la fortezza come prigione per i suoi nemici fino al 1860, quando anche San Leo entra nel Regno d’Italia. Infine, ai giorni nostri, nel 2006 San Leo con referendum popolare chiede di staccarsi dalle Marche e passare all’Emilia-Romagna, nella provincia di Rimini. Monumenti e luoghi d’interesse: innanzitutto il Duomo di San Leone sorge su una protuberanza di roccia, adibito al culto delle divinità sin dall’epoca preistorica. Poi vi raccomando la pieve di Santa Maria Assunta, il più antico edificio di culto della città e del Montefeltro, che rappresenta la prima testimonianza della cristianizzazione della zona, operata da San Leone. Infine, il convento di sant’Igne, che risale al secolo tredicesimo: conserva nella chiesa un frammento dell’olmo sotto il quale predicò san Francesco durante la sua visita a San Leo. Tra i più interessanti eventi vi segnalo la Sagra delle Ciliegie, nell’ultimo fine settimana di maggio e la Festa della Trebbiatura, in luglio. Ma soprattutto i Giullari del Mondo a fine giugno. San Leo ricorda il passaggio di San Francesco attraverso un appuntamento con vivaci saltimbanchi, musici, giocolieri, soldati, cantastorie, trampolieri, pellegrini, osti e mercanti. Infine, per il piacere di un pranzetto, puntate sul coniglio al finocchio selvatico o sui Cappelletti in brodo con ricetta locale e, in inverno, la “zavardona”, sorta di maltagliati grossi conditi con stracchino e sugo ricco.