Bosa

 width=Raggiungo la provincia di Oristano: Bosa si trova a poco meno di ottomila abitanti, sul mare. Bosa, in sardo ’Osa: il nome fenicio era Bs’n, che significa semplicemente il popolo di Bosa e risale all’VIII secolo a.c.. Sembra che il nome sia legato etimologicamente a un contenitore a forma di catino, una metafora forse per intendere che si trova in una vallata circondata da colline. Per raggiungere Bosa da Cagliari si prende la statale 131/E25, che attraversa il centro della Sardegna e si arriva al borgo in un’ora e mezza circa. Da Oristano, invece, si può prendere la litoranea statale SS292.  I cenni storici oggi sono numerosi. Vi ricordo i principali. Il primo ricordo risale, come abbiamo detto, al VIII secolo prima di Cristo, in un’area in cui sarebbe poi sorta la Bosa Vetus romana. Le antiche abitazioni furono abbandonate a causa delle scorrerie dei predoni saraceni. Nel 1122 il feudo di  width=Bosa è concesso ai marchesi Malaspina, signori della Lunigiana, che edificano un castello con quattro alte torri. Dopo varie vicende nel 1559 Bosa torna alla corona di Spagna, dal 1807 al 1821 è sotto il governo sardo- piemontese, nel 1877 l’Inaugurazione dell’importante acquedotto. La cittadina si snoda tra fiume e mare. Intorno a Bosa ci sono più di quaranta chilometri di coste incontaminate acque limpide e spiagge attraenti. Nella vostra visita vi consiglio la torre Aragonese, il museo delle Conce e il castello di Serravalle. Potrete scegliere il vostro viaggio nei giorni del carnevale, che qui viene denominato Karrasegare, con festeggiamenti spontanei e non organizzati.  Per la sosta gastronomica puntate sulla zuppa alla bosana, un sontuoso mix di crostacei e molluschi, da accompagnare con un fresco Vermentino. Aragosta, gamberi, seppie e scampi, con un pane casereccio inzuppato nel brodo servito ai bordi del piatto. Potreste provare anche le anguille alla Malvasia: prima dovete strofinarle con il sale grosso, poi  width=sciacquarle, eliminando le teste e le interiora, tagliate a pezzi grossi, marinate nella Malvasia con l’aggiunta di alloro. Scolate le anguille, passatele nel pane grattugiato, soffriggete nell’olio bollente. E quando sono rosolate aggiungete prima aglio e prezzemolo, poi il sale e la Malvasia usata per marinarle. Continuate a cuocere a fuoco lento per 20 minuti e la vostra prelibatezza, che mi ha suggerito una nonnina del posto, è pronta per voi. Una curiosità ma solo se avete coraggio. Il castello è stato al centro di terribili storie e di amori negati, adulteri e omicidi efferati. Qualche fantasma dannato, che non trova pace, si aggira ancora tra queste parti. Attenzione, dopo le anguille una visitina potrebbe rovinarvi la digestione.